Come scrivevamo in un articolo precedente, nel culto dell'Antica Roma lucus e nemus indicano il Bosco Sacro, inizialmente con caratteristiche distinte e poi sempre più in maniera intercambiabile. Lucus è però la parola preferita per indicare il Bosco Sacro: in questo caso "sacro" assume il suo significato etimologico di "separato", o perché il lucus è la radura (anche creata dall'uomo, ma seguendo un rituale rispettoso delle divinità del bosco, come spiega Catone) o perché in generale è la parte del bosco dedicata al culto. I boschi sacri dell'antica Roma, di cui parleremo in questo articolo, prendono per l'appunto il nome di luci (plurale di lucus); nella presentazione seguiremo l'ordine topografico che Giorgio Stara-Tedde segue nell'articolo citato alla fine, tra i riferimenti bibliografici.
In epoca arcaica, anche i templi urbani potevano avere un proprio lucus, che poi con l'espansione degli edifici veniva gradualmente ridotto ad un piccolo gruppo di alberi ma riguardato con molta cura; erano invece più diffusi nei santuari rurali o suburbani. Purtroppo la storia dei boschi sacri delle religioni antiche è difficile da tracciare: a differenza di un tempio monumentale, non lasciano resti chiaramente identificabili, perciò, a meno che non si trovi ancora sul posto una qualche epigrafe che ne attesti l'esistenza, spesso è difficile stabilire la presenza di un bosco sacro in un determinato luogo. Inoltre, questa sua assenza di tracce verificabili ne fa un oggetto di studio poco ambito rispetto ai templi in muratura. Oltre alle epigrafi dedicatorie, altre fonti per una storia dei boschi sacri a Roma sono quelle letterarie, con tutti i problemi posti da questo genere di testimonianze.
I maggiori, sia per estensione che per importanza, boschi sacri urbani a Roma si trovavano sull'Esquilino (Facutalis, Larum Querquetulanum, Esquilinus, Poetelius, Mephitis, Junonis Lucinae, Libitinae) e, secondo quanto riporta Varrone, erano visitati durante la processione che si svolgeva nella festività degli Argei, l'11 gennaio, quando si visitavano 27 sacrari posti attorno alla città offrendo sacrifici. Numerosi erano però i Boschi Sacri della città di Roma, sia dentro che fuori le mura.
- Lucus Facutalis o Fagutalis, il cui nome suggerisce forse un'abbondanza di faggi, che ospitava un santuario a Giove, detto appunto Giove Fagutale. Giorgio Stara-Tedde suggerisce che si trattasse di una divinità profetica, come lo Zeus di Dodona, al cui santuario le profezie erano ricavate dallo stormire del vento tra le foglie della quercia sacra, o la divinità latina Fauno, che era una divinità dei boschi. Oggi nelle vicinanze del sito del bosco sorge la basilica di S. Pietro in Vincoli.
- Lucus Larum Querquetulanum, che invece dato il nome doveva essere caratterizzato dall'abbondanza di querce.
- Lucus Esquilinus, che probabilmente nelle epoche successive fu notevolmente ridotto, tanto che da altri passi di Varrone sembra non esistere più come bosco nella sua epoca. Rimanevano probabilmente gli alberi attorno agli altari dei Lares compitales, rinnovati in epoca augustea.
- Lucus Poetelius, nominato solo in questo passo di Varrone e di cui non si hanno altre notizie. Si trovava sull'altura che oggi ospita un'altra basilica, quella di S. Maria Maggiore.
- Lucus Mephitis, il bosco sacro a Mefite, probabilmente dedicato a questa divinità per via di esalazioni solforose che potrebbero aver avuto luogo anche in questa zona.
- Lucus Junonis Lucinae, il bosco sacro più noto e più semplice da identificare di quelli che dovevano essere presenti sull'Esquilino, grazie alla presenza del santuario di Giunone Lucina, la cui posizione è stata stabilita grazie al ritrovamento nel 1770 di un'iscrizione appartenente senz'altro al tempio e nel 1888 di uno dei sacrari legati alla festività degli Argei fatti restaurare da Augusto, dietro l'abside della chiesa di S. Martino ai Monti. Dal santuario di Giunone Lucina sarebbe nata anche la celebrazione dei Lupercali; ad uno di questi alberi il pontefice massimo appendeva i capelli tagliati alle Vestali all'inizio del loro periodo di sacerdozio.
- Lucus Libitinae, dedicato a Libitina, divinità di quel passaggio che è la morte, mentre Giunone Lucina del vicino lucus è la divinità del venire alla luce, della nascita. Sull'Esquilino infatti si trovavano anche le sepolture e in particolare le fosse comuni; presso il bosco aveva sede la società dei libitinarii, gli addetti alla sepoltura. In epoca successiva Libitina fu anche associata a Venere: alcuni studiosi la ritengono una confusione tra il nome della dea e la parola libido, desiderio, ma dobbiamo considerare che Venere è stata associata nella religione Romana anche a Murcia, divinità di ciò che va marcio (espressione che nella lingua latina indica sia il marcire come lo intendiamo noi sia un figurato "macerarsi nel languore" che può essere anche quello amoroso, argomento sviluppato da Donatella Puliga nel recente La depressione è una dea, vedi riferimenti bibliografici alla fine dell'articolo), perciò in questo senso Libitina sarebbe la divinità del "lasciarsi andare", alla morte o al piacere.
- Lucus Vestae: il bosco sacro a Vesta presso la casa delle Vestali, dal quale, racconta Cicerone, la voce del dio Aius Locutius si sarebbe fatta sentire annunciando l'invasione del Galli del 390 a.e.v..
- Lucus Strenuae: sorgeva presso il tempio di Strenua all'inizio della via sacra; secondo Simmaco (Lettere, X, 35) da questo bosco si prendevano i rami degli alberi di buon augurio per il nuovo anno (arbores felices: tutti gli alberi che portavano frutti o, secondo altri, che portavano frutti bianchi o comunque non neri)
- Lucus Asyli: lo nominano, tra gli altri, Livio, Strabone e Dione Cassio, come bosco o talvolta come spazio tra i boschi, in cui era possibile ottenere il diritto d'asilo: l'area sarebbe stata creata da Romolo per radunare un certo numero di schiavi, esiliati o emigranti dalle città vicine e accrescere la popolazione della nuova città che aveva appena fondato. Non si sa con certezza a quale divinità fosse dedicato; in epoca storica si legò a Veiove, ma Servio (Commentari all'Eneide, II, 760) cita l'annalista del I secolo a.e.v. Lucio Calpurnio Pisone, che chiama Lucoris la divinità di questo particolare lucus. Si tratta forse di un appellativo generico che indica semplicemente la divinità del bosco.
- Lucus Bellonae: dedicato appunto a Bellona, sorgeva presso il suo tempio al Circo Flaminio, costruito nel V secolo.
- Lucus Feroniae in Campo: annesso al tempio di Feronia in Campo (secondo gli annali dei fratelli Arvali, avrebbe avuto la sua ricorrenza il 14 novembre).
- Loretum: in realtà sono due, il maius e il minus, entrambi sull'Aventino, e il nome fa riferimento alla presenza di alberi di alloro, che secondo Servio erano particolarmente usati per scopi religiosi.
- Lucus Furrinae: bosco sacro a Furrina, la dea delle acque sotterranee la cui festività era celebrata il 25 luglio, appena quattro giorni dopo i Lucaria, la festività dei boschi sacri.
- Lucus Albionarum: lo menziona soltanto Festo, sostenendo che il nome deriva dal colore bianco (albus) delle vittime sacrificali.
- Lucus Deae Diae: il bosco sacro della dea Dia, collocato poco fuori dalle mura, lungo la via Campana, era il luogo di riunione dei collegio dei Fratelli Arvali. E' stato oggetto di scavi che hanno portato alla luce statue e iscrizioni, per cui conosciamo anche le regole sacre che ne regolamentavano l'utilizzo: era vietato tagliare gli alberi, raccogliere i rami caduti, portare nel bosco arnesi di ferro. Come in tutte le prescrizioni relative alla religione dei romani, i divieti non erano assoluti, ma se erano infranti, si ripagava la divinità con sacrifici prima e dopo l'atto che richiedeva l'infrazione: nella concezione giuridica che i Romani avevano del rapporto con gli dèi, equivale ad un risarcimento per la rottura di un precedente contratto. Stara-Tedde e Gianbattista De Rossi, autore di Roma sotterranea cristiana, sostengono che gli alberi furono abbattuti in seguito agli editti antipagani del IV secolo (mentre gli edifici dei Fratelli Arvali sarebbero stati lasciati andare in rovina).
- Lucus Camenarum: situato vicino al Lucus dedicato ad Egeria, la ninfa che secondo il mito ispirò a Numa le sue leggi, ospitava anch'esso un ninfeo riscoperto nel XVI secolo
- Lucus Egeriae: come detto sopra, era il bosco della ninfa Egeria e comprendeva una grotta e un ninfeo
- Lucus Robiginis: situato lungo la via Clodia, era dedicato a Robigo, divinità della ruggine dei campi, che veniva invocata e alla quale si sacrificava un cane proprio in questo bosco il 25 aprile. La festa, che comprendeva una processione fino al bosco, doveva essere ancora sentita in epoca tarda se a partire dal IV secolo si tentò di cristianizzarla, invece di abolirla semplicemente; la cristianizzazione definitiva nella festa delle rogazioni maggiori dedicate a S. Marco avvenne nel IX secolo con papa Leone III, ma le processioni cristiane per la benedizione dei campi, a sostituire non solo i Robigalia, ma anche gli Ambarvalia e feste simili, erano già cominciate nel IV secolo e approvate anche dagli imperatori franchi.
- Lucus Semeles o Stimulae: l'incertezza sul nome ci viene dal sesto libro dei Fasti di Ovidio, era situato ai piedi dell'Aventino.
- Lucus Annae Perennae: situato lungo la via Flaminia e dedicato alla dea che presiedeva ad una festa del mese di marzo, legata al cambio di anno e che prevedeva danze e bevute. Nel 1999 è stata scoperta la fonte di Anna Perenna, identificata grazie ai reperti, soprattutto defixiones cioè tavolette di piombo con maledizioni incise, oggi al Museo Nazionale delle terme di Diocleziano. La scoperta della fonte ha permesso di localizzare con precisione il relativo bosco (che Marziale e Ovidio, definiscono anche nemus).
- Lucus Lavernae: lungo la via Salaria e dedicato a Laverna, divinità dell'ombra e protettrice dei ladri (secondo Varrone i ladri nascondevano il loro bottino in questo bosco), probabilmente in origine divinità ctonia legata alle grotte.
- Lucus Helerni: lo nomina Ovidio, come luogo delle celebrazioni in onore di Carna il primo di giugno e di Giunone il primo febbraio.
Riferimenti bibliografici
- Giorgio Stara-Tedde, I boschi sacri dell'antica Roma, in "Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma", 33 (1905), pp. 189-232
- Les bois sacrés. Actes du colloque international organisé par le centre Jean Bérand et l'Ecole Pratique des Hautes Etudes, Naples, 23-25 Novembre 1989,, Napoli, Collection du Centre Jean Bérard, 1993
- Maria Simonetti, Magia nera a Roma, in "l'Espresso", 02 febbraio 2009 <online>
- Donatella Puliga, La depressione è una dea, Bologna, Il Mulino, 2017
Manuela Simeoni