Callimaco di Cirene (310 -240 a.e.v.) scrisse i suoi inni probabilmente tra il 280 e il 270, dopo che Tolomeo II Filadelfo, sovrano dell'Egitto ellenistico, lo chiamò ad Alessandria. Gli Inni di Callimaco ci sono giunti attraverso alcuni frammenti di papiri e pergamena databili tra il primo secolo a.e.v. e il settimo e.v. e soprattutto attraverso i manoscritti di una raccolta che comprendeva anche gli inni orfici come li conosciamo oggi, gli inni omerici e gli inni filosofici di Proclo datata addirittura al decimo secolo e.v.
Gli inni sono sei e ci sono arrivati probabilmente nell'ordine che l'autore stesso voleva dar loro: per primo viene l'inno a Zeus, seguono gli inni ad Apollo, ad Artemide, a Delo, ai lavacri di Pallade e a Demetra. Data il suo alto livello culturale, Callimaco conosceva bene, e riutilizza nei suoi inni, temi e versi provenienti da altre composizioni, inclusi gli inni omerici: l'inno a Zeus che apre la serie di Callimaco ricorda in alcuni versi l'inno a Dioniso che è stato messo all'inizio dell'attuale raccolta degli inni omerici (questo conferma anche che la posizione dell'inno omerico a Dioniso era nota anche a Callimaco e non una decisione arbitraria del copista del manoscritto scoperto a Mosca, l'unico a riportare quell'inno insieme agli altri). L'inno a Demetra, che Callimaco mette per ultimo, riecheggia in alcuni punti il settimo inno a Dioniso degli inni omerici: si tratta di giochi di rimandi rivolti a lettori colti, tipici della poesia alessandrina. I richiami agli inni omerici infatti sono abbastanza frequenti (vedi Faulkner in bibliografia), ma lo sono anche quelli alle opere di Simonide, Pindaro e Bacchilide.
Come succede con le composizioni di un autore individuale, hanno diversi legami con la situazione in cui Callimaco viveva. All'epoca di Callimaco, l'inno era una forma poetica che permetteva ad un autore di mostrare la propria conoscenza di miti e riti ma anche di lodare qualcuno (ci sono varie allusioni ai Tolomei), celebrare eventi della sua epoca o diffondere idee con allusioni più o meno scoperte. Ad esempio, alcuni studiosi hanno voluto vedere nell'uccisione di Pitone da parte di Apollo, un'uccisione simbolica della cattiva poesia, grezza e non lavorata come invece doveva essere la vera poesia secondo Callimaco. Ma gli inni sono anche riflesso della visione religiosa dell'epoca: Zeus ad esempio è rappresentato non tanto come dio del cielo, quanto piuttosto come dio di tutto ciò che accade e distributore, e in questo Callimaco è forse più vicino agli orfici o anche alla Teogonia di Esiodo che non agli inni omerici.
Non bisogna però considerarli composizioni a scopo esclusivamente celebrativo o di diletto, perch´ comunque ad un poeta che celebrasse gli Dèi era riconosciuto un certo valore teologico: non a caso Epicuro, non molto tempo prima, accusava i poeti di aver inculcato negli uomini il terrore degli Dèi e dell'aldilà. Al momento in cui Callimaco scrive, molte delle idee sugli Dèi e pratiche di culto si erano già formate e consolidate, ma è caratteristica del politeismo essere flessibile e prevedere la compresenza di più idee teologiche. Non è quindi trascurabile il fatto che un poeta come Callimaco scelga di sottolineare questo o quell'aspetto di una divinità, ma corrisponde ad una scelta religiosa. Per comprendere però interamente la concezione religiosa di Callimaco, occorre leggerne tutta l'opera: anche nei Giambi vi sono parecchi riferimenti agli Dèi e rispetto agli inni, i giambi sono sicuramente meno celebrativi, con riferimenti più alla letteratura e all'arte dell'epoca che non alla situazione politica dell'epoca.
Gli Dèi di Callimaco appaiono comunque ben radicati nel tempo e nello spazio: l'inno ad Artemide ce la presenta come una dea universale, ma perch´ composta da diverse Artemidi locali; anche gli Dèi di altre opere sono legati ad un luogo preciso (lo Zeus di Fidia, Hera di Samo e così via). L'Apollo dell'inno di Callimaco è l'Apollo di Delo ma è soprattutto l'Apollo patrono di Cirene, la città natale di Callimaco. Lo si osserva ad esempio nelle prescrizioni di purezza riportate nell'inno, che echeggiano le stesse prescrizioni previste da un documento religioso della città di Cirene. Proprio quest' inno ci dà l'idea che Callimaco aveva non solo della poesia, ma anche della pratica religiosa.
Manuela Simeoni
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