Quando consideriamo gli inni filosofici in una raccolta dedicata agli inni religiosi dell'antica Grecia dobbiamo intanto porci il problema se questi inni possono effettivamente e in che misura essere considerati inni religiosi, anche se si rivolgono agli Dèi antichi. Infatti, come gli inni di Callimaco sono anche composizioni letterarie che riflettono la visione del mondo di un autore preciso, anche gli inni filosofici non hanno come scopo la celebrazione di questa o quella divinità, ma piuttosto la diffusione e spiegazione di un'idea di divinità o di un'idea che viene presentata sotto forma di una divinità. Può sembrare strano, ma è normale in un'ottica politeista, dove per di più c'è spazio per idee diverse dietro uno stesso atto di culto e dove ogni aspetto della vita si riflette nella religione senza che si possa parlare di un dominio della religione sulla vita stessa come accade quando si parla di fondamentalismo monoteista.
Perciò anche se non sono inni da celebrazione, anche gli inni filosofici possono rientrare tra gli inni pagani, a patto però di comprendere l'idea che vogliono tramandare; si intendono ovviamente gli inni rivolti alle divinità 'classiche' e non alle personificazioni di concetti altrimenti assenti dal pantheon 'tradizionale'. L'inno alla virtù scritto da Aristotele è la celebrazione di un'idea, non di una divinità per quanto reinterpretata dal filosofo, quindi non rientra tra questi inni. L'ottavo inno della raccolta degli inni omerici, l'inno ad Ares, può essere considerato in realtà un inno filosofico, perché esprime una concezione del dio Ares che è vicina all'idea neoplatonica.
Gli inni filosofici più noti dell'antica Grecia sono l'inno di Cleante a Zeus e gli inni di Proclo; derivando l'uno dalla filosofia stoica e gli altri da quella neoplatonica, danno oggi qualche problema di interpretazione perché entrambe le filosofie sono state saccheggiate dal cristianesimo e perciò alcuni concetti espressi possono essere facilmente travisati. Invito chi sia curioso di saperne di più a leggere innanzitutto gli inni e poi a farsi un'idea della loro cornice filosofica. In questa pagina darò solo alcune note di contesto e storiche come introduzione a questi inni.
Cleante di Asso fu il successore di Zenone alla guida della scuola stoica; il suo inno a Zeus fu composto a cavallo tra il quarto e il terzo secolo a.e.v. ed è l'unico testo stoico dell'epoca che ci sia giunto integro. Va considerato alla luce non solo della filosofia stoica, ma anche della religione e della letteratura ellenistiche. Di Cleante oltre all'inno ci restano i titoli delle sue opere e qualche frammento, da cui sappiamo che si occupò parecchio sia di religione che di poesia e in particolare di come i poeti fossero in grado di esprimere la verità sugli Dèi, ma non sappiamo a quale punto dei suoi studi si collochi l'inno a Zeus. Gli studiosi ritengono comunque che l'inno, che presenta Zeus come il principio attivo del cosmo, la sua mente e il suo ordine in divenire (un concetto che è immanente negli stoici, non trascendente come per i cristiani), in linea con la concezione stoica, venisse comunque utilizzato in qualche forma di culto all'interno della Stoa, dal momento che si conclude con una preghiera. L'inno comincia con un'invocazione a Zeus signore della natura e fonte delle leggi che la governano; ha una parte centrale più filosofica, in cui si toccano temi etici dei comportamenti sbagliati nell'uomo e delle loro conseguenze, e si conclude con una preghiera affinché Zeus salvi chi lo invoca dalla 'distruttiva ignoranza'. L'inno insomma mescola elementi più tradizionali, richiami agli inni omerici, con l'idea filosofica stoica.
Di Proclo ci vengono tramandati invece otto inni: ad Helios, 're del fuoco intellettuale', ad Afrodite, alle Muse, agli Dèi, ad Afrodite Licia, ad Ecate e Giano, ad Atena Polimetis, a Dioniso. Non deve stupire la presenza di una divinità così tipicamente italica come Giano in una raccolta di inni greci: in primo luogo perché Proclo scrive nel quinto secolo e.v., quando le culture greca e romano-italica sono già entrate in contatto da moltissimo tempo, poi perché nell'inno Proclo identifica Giano con 'Zeus supremo'. Qualche autore ritiene però che l'inno ad Ecate e Giano possa non essere autentico perché comincia, a differenza degli altri, con gli epiteti delle divinità. Anche l'inno ad Atena Polimetis ha destato qualche dubbio, anch'esso per la sua differenza rispetto agli altri, perché presenta una parte centrale in cui si enumerano alcune gesta della dea, mentre manca di un'interpretazione più filosofica della divinità. L'inno a Dioniso ci arriva incompleto e per lo più attraverso citazioni di altri autori. Secondo il biografo di Proclo, Marino, il filosofo scrisse altri inni che non ci sono stati tramandati, tra cui uno ad Asclepio e altri a divinità “straniere” come Marna di Gaza, Tiandrite e Iside. Ecco perché in genere tutti gli inni che ci sono arrivati sotto il nome di Proclo sono ritenuti opera del filosofo nonostante i dubbi di cui sopra.
Con Proclo siamo ormai fuori dalla tradizione classica: il neoplatonismo di Proclo come quello di Plotino si confronta già con il cristianesimo e sente il bisogno di dare nuove interpretazioni alle divinità antiche. Nel corso del quinto secolo il paganesimo si crea una propria identità religiosa, di cui prima non aveva mai avuto bisogno. Non possiamo però ridurre gli inni di Proclo a spiegazioni filosofiche in versi: Proclo si sentiva effettivamente un pagano e un cultore degli antichi Dèi.
Manuela Simeoni
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