Giorno Pagano Europeo della Memoria

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Vettio Agorio Pretetstato: l'uomo

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Di fronte al cristianesimo avanzante con la complicità delle leggi imperiali, la religione pagana antica dovette per la prima volta definirsi come tale e tentare di descrivere i propri principi e le proprie idee, dandosi una identità propria. In precedenza non era mai successo che una religione dovesse definirsi in termini filosofici e adatti al confronto con altri sistemi di pensieri con tale urgenza, ma era anche la prima volta che si doveva fronteggiare un monoteismo assoluto che non si adattava all'esistenza degli altri, ma pretendeva di condannarli e di fagocitare tutto quello che era necessario alla sua sopravvivenza. Oggi, nel considerare sia le religioni antiche sia i loro diversi tentativi di sopravvivenza, modifica o sistematizzazione filosofica di fronte al monoteismo, dovremmo tenere presente questo carattere di novità e decidere se vogliamo considerare tali tentativi delle "prime prove" di partecipazione ad un dibattito nuovo, sebbene perso in partenza per il semplice fatto che mancava dall'altro lato la volontà di dibattere, oppure, come fanno alcuni, ritenerli le "vette più alte" del pensiero pagano. In ogni caso il pagano contemporaneo dovrebbe tenerli in considerazione dal momento che è soggetto alla stessa necessità di descrivere e sistematizzare il proprio pensiero in un contesto attuale che è prettamente monoteista e che spinge a dover chiarire e spesso discutere i principi religiosi del paganesimo che ciascuno professa.

Semplificando, potremmo dire che di fronte al cristianesimo i pagani dell'antico impero romano reagirono in due modi: con la speculazione filosofica, come i filosofi neoplatonici tra cui l'imperatore Giuliano, o con l'attaccamento alla "tradizione", come il Senato di Roma. Tra i personaggi che si mossero a cavallo delle due tendenze e che si posero a baluardo dell'antica religione, vi fu Vettio Agorio Pretestato.

Vettio Agorio Pretestato fa parte di quell'aristocrazia romana che tentò l'ultima resistenza al paganesimo, contrapposta a quella crescente parte dell'aristocrazia romana che invece adottò la nuova religione per svariati motivi, inclusa la facilità di carriera presso la corte, dal momento che gli imperatori, con l'eccezione di Giuliano, erano ormai tutti cristiani. Pretestato apparteneva alla generazione precedente a quella di Simmaco e Macrobio, altri due alfieri della religione pagana precristiana, e morì nel 384, proprio negli anni in cui la legislazione imperiale cominciava ad abbattersi sui culti pagani in quanto tali. Fino a quel momento, infatti, le proibizioni erano state parziali, limitate localmente o comunque emesse in forma tale che era stato semplice eluderle o considerarle emesse solo contro gli eccessi, le superstizioni o le pratiche sconvenienti. La legislazione antipagana cominciò infatti a colpire culti e pratiche che non solo i cristiani ritenevano immorali o inopportuni, come l'uso della divinazione non autorizzato dall'imperatore o per conoscere i fatti dell'imperatore, e probabilmente per questo l'aristocrazia senatoriale pagana tardò a reagire. Per ultimi furono colpiti gli aspetti "civici" di alcuni culti: pur vietando sacrifici e preghiere, ancora per qualche decennio si tennero gli spettacoli e i giochi in precedenza legati alle festività religiose precristiane e in qualche caso ebbero luogo anche le relative processioni, finché i sacerdoti cristiani non si appropriarono definitivamente di queste, com'è il caso delle Rogazioni (Robigalia) o dei Lupercali.

Pretestato seguì la carriera tradizionale: fu nominato questore, pretore e poi governatore della Tuscia-Umbria in un primo momento e successivamente della Lusitania e nel 361-362 dell'Acaia, ma non abbiamo notizie della sua attività religiosa in questo periodo se non per la testimonianza di Zosimo, che attribuisce all'opposizione di Pretestato l'esenzione dell'Acaia dal divieto di sacrifici notturni e preghiere emanato da Valentiniano I e Valente nel 364.

Nel 367, Pretestato fu nominato prefetto della città di Roma: questa era la terza carica amministrativa più importante in Occidente, preceduta solo da quella di prefetto pretoriano d'Italia (carica che Pretestato ricoprì negli ultimi mesi della sua vita) e da quella di prefetto pretoriano di Gallia. Il prefetto urbano presiedeva il Senato e rappresentava l'imperatore a Roma. Si occupava di amministrare la città, del commercio, dell'annona, di giochi, spettacoli e lavori pubblici; l'annona era l'incarico più delicato, perché una distribuzione soddisfacente manteneva la pace in città, mentre negli anni in cui vi furono problemi con gli approvvigionamenti si registrarono tumulti che finivano spesso con l'incendio delle case dei senatori responsabili. Questo non successe durante la prefettura di Pretestato, nonostante una lettera imperiale al successore di Pretestato, Olibrio, faccia riferimento ad alcune difficoltà relative ai rifornimenti alimentari in quel periodo. Pretestato affrontò anche gli scontri tra i sostenitori di Damaso e Orsino, entrambi candidati alla diocesi di Roma ed esercitò l'attività di giudice connessa al suo ruolo: in entrambi i casi ci rimane la testimonianza elogiativa di Ammiano, che ad esempio riporta come Pretestato fissasse pesi standard per ogni distretto della città, per prevenire le truffe.

Manuela Simeoni

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