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Non è semplice capire quali fossero effettivamente le idee religiose dell'uomo Pretestato: non avendo lasciato testimonianze scritte dirette, si possono solo fare supposizioni sulla base del pensiero religioso diffuso tra altri esponenti dell'aristocrazia pagana, Simmaco fra tutti, o sui dialoghi del personaggio Pretestato che compare nei Saturnalia di Macrobio. Il fatto che Pretestato traducesse opere di Aristotele e non di Platone, come riporta Boezio, ci fa pensare che non fosse legato esclusivamente al neoplatonismo come altri suoi contemporanei, ma è anche vero che nei circoli neoplatonici le opere di Aristotele erano considerate da studiare preliminarmente a quelle di Platone, per cui nemmeno questa notizia ci consente di inquadrare l'orientamento religioso di Pretestato con maggiore precisione.
I Saturnalia di Macrobio sono scritti però una quarantina d'anni dopo la morte di Pretestato e accanto a quest'ultimo nell'opera compaiono anche personaggi di generazioni differenti: inoltre c'è ancora un dibattito in corso sulla corrispondenza tra personaggi fittizi dei Saturnalia e personaggi reali a cui si ispirano. Studiosi come Herbert Bloch e Pierre Courcelle sono inclini a pensare che Macrobio, anche qualora non rappresenti il pensiero dei singoli personaggi reali, comunque dia un quadro approfondito del pensiero della nobiltà pagana dell'epoca; Maijastina Kahlos invece sottolinea il fatto che Macrobio segua anche le regole del genere a cui si rifanno i Saturnalia, i quali comunque non possono essere considerati un testo di propaganda pagana o di confutazione del cristianesimo, ma piuttosto un'opera erudita di antichità romane che solo in secondo piano sono da considerarsi pagane. Una considerazione del passato più nostalgica che filosofica, insomma.
In Macrobio, Pretestato appare come esperto conoscitore delle cose sacre, in particolare quando spiega il culto del sole ad Avieno, che chiede come mai questo sia venerato con nomi diversi, e in una dissertazione sulla legge pontificale in Virgilio. Anche se questo aspetto si concilia con il ritratto di Pretestato che viene fatto da altre fonti, in realtà non ci fornisce molto di certo sul pensiero dell'uomo Pretestato, perché; le stesse idee sarebbero state ricavabili anche da altre fonti. Vero è che, come sospettiamo che le idee del Pretestato di Macrobio possano non essere quelle del vero Pretestato, così potremmo al contrario pensare che Macrobio abbia fatto un ritratto accurato e preciso; nulla però finora può confermare una delle due ipotesi.
La spiegazione del culto del Sole che Pretestato fa ad Avieno in Macrobio (Saturnalia 1.17) rientra nelle tendenze sincretiste e monoteiste che si andavano affermando nel panorama religioso del III-IV secolo: il Sole, che già presso Platone e i neoplatonici era stato usato come immagine, simbolo o metafora del Bene o dell'Uno, sarebbe la "mente del mondo", il dio che racchiude in sé; tutte le caratteristiche divine, ciascuna delle quali dà nome ad un dio. Ad esempio, Apollo è la manifestazione dell'irradiazione, della luce e del sorgere del Sole, Ercole è la potenza del Sole, Mercurio ha i sandali alati per rappresentare il rapido movimento del Sole e così via. Ancora una volta, però, è difficile capire se Macrobio abbia riportato le idee del vero Pretestato o non abbia usato la fama di quest'ultimo per dare forza a idee che sembrano provenire dal Trattato attorno al Dio Sole di Porfirio (di cui però non abbiamo il testo se non in frammenti riportati nel commento di Servio alle Bucoliche di Virgilio o in altri scritti di Macrobio, che il filologo Altheim ha raccolto, tentando di ricostruire il trattato), direttamente o attraverso altre fonti, anche se, rispetto all'Inno al Sole di Flavio Claudio Giuliano, Macrobio dà meno rilevanza alla metafisica neoplatonica e si mantiene su un discorso più generico.
Proprio queste tendenze monoteistiche, nate come elaborazione intellettuale e speculazione filosofica, finirono per dare il colpo di grazia al paganesimo: mentre cristiani come Agostino, Ambrosio, Orosio e altri rifiutavano decisamente la possibilità che ci fosse qualcosa in comune tra la loro religione e quella che oggi definiamo paganesimo, alcuni esponenti colti dell'aristocrazia pagana cercavano una conciliazione sulla base delle somiglianze. Tra questi ultimi, Simmaco, il grammatico Massimo destinatario di un'epistola di Agostino e forse lo stesso Pretestato. Secondo lo storico Liebeschuetz, questa convinzione di poter ritrovare una radice comune avrebbe addirittura facilitato il passaggio di questi strati della società dal politeismo antico al cristianesimo.
In ogni caso, mentre il cristianesimo si faceva strada nelle stanze del potere, l'aristocrazia pagana che avrebbe potuto opporsi alle leggi che decretarono la fine ufficiale del paganesimo antico non riconobbe il pericolo: ne abbiamo parlato anche qui sul sito del Giorno Pagano della Memoria, quando abbiamo scritto di Costantino e del suo uso strumentale delle visioni divine e dell'uso che nelle leggi poi raccolte nel Codice Teodosiano si è fatto della parola 'superstitio'
In questo modo, quella elaborazione che era nata nella tarda antichità anche nella prospettiva di fortificare la religione precristiana di fronte agli attacchi del cristianesimo, formalizzandone una base teorica, ne ha invece minato le fondamenta. Pur essendo un elemento storico fondamentale da studiare e comprendere per la costruzione di un paganesimo oggi, non è certamente in grado, dati questi trascorsi, di costituirne l'unica base.
Manuela Simeoni
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