La prima edizione del Censimento dei Templi Pagani Italiani riutilizzati per chiese cristiane fu completata nell’aprile 2005 e una sua versione inglese approntata nel giugno dello stesso anno per distribuirla ai partecipanti del congresso WCER di Anversa. Come tutte le versioni sperimentali, è stato un utile strumento di conoscenza, tra l’altro ora disponibile sul web, ma necessita oggi di un aggiornamento. Sicuramente dal punto di vista del censimento in sé e per sé e inoltre dal punto di vista di una sua maggiore "scientificizzazione", anche nell’ottica di una sua estensione all’area europea (che, per inciso, era l’idea iniziale da cui si era partiti). E’ necessario quindi riconsiderare il censimento nella sua globalità per elaborare uno standard che permetta più agevolmente la sua estensione e più rigorosamente il suo utilizzo, tenendo conto anche di sviluppi futuri, come si era fatto in parte per la prima edizione, prevedendo spazio anche per le fotografie che non erano in realtà presenti.
Nel corso di questa serie di articoli verranno affrontati i diversi problemi che nascono dalla standardizzazione dello schema di base, che qui riportiamo:
Dal momento che però non tutti quelli che desiderano partecipare alla discussione in merito all’elaborazione del nuovo standard sono sicuramente avvezzi a database e standard, anche se molti punti saranno dibattuti nella sede specifica, è forse opportuno anticipare alcune cose e fare alcune premesse.
La parola "standard" deriva dalla parola francese che corrisponde all’italiano "stendardo". In pratica, si tratta di un insieme di norme su cui ci si accorda, in un campo in cui occorre una certa uniformità. In campo informatico gli standard sono molto diffusi: HTML, il linguaggio con cui viene elaborata una pagina web, è uno standard, che fa sì che le pagine possano essere lette da più browser. Non importa che abbiate Explorer, Mozilla, Firefox o altri: se la pagina è costruita con lo standard HTML, qualsiasi testo racchiuso tra il "tag" (etichetta; è un’istruzione che viene data al browser e le norme dello standard si basano appunto su uso e decodifica di queste istruzioni) <i> e il "tag" </i> sarà sempre visualizzata in corsivo. In genere gli standard nascono per favorire la compatibilità e la comunicazione sotto diversi aspetti: compatibilità può esserci tra prodotti diversi che seguono uno stesso standard (ad esempio viti e bulloni: se prodotti da diverse aziende, potrebbero non essere utilizzabili gli uni con gli altri) o tra interessi diversi (gli standard sulla qualità della carta costituiscono un compromesso tra gli interessi economici dei cartai e gli interessi di conservazione dei bibliotecari). Lo stesso internet non esisterebbe senza uno standard di comunicazione che permetta ai computer di comunicare tra loro; possiamo considerare anche le regole linguistiche uno standard.
Lo standard che andiamo a sviluppare formalizzando il censimento è paragonabile ad altri standard esistenti nell’ambito dei beni culturali. Consideriamo ad esempio il catalogo di una biblioteca: dev’essere redatto secondo precise norme di rappresentazione degli oggetti posseduti dalla biblioteca, in modo tale da facilitare le ricerche dell’utente. Mi spiego meglio: ogni scheda del catalogo della biblioteca rappresenta un libro presente nella stessa biblioteca e riporta i dati fondamentali necessari ad individuare la presenza di quel libro. I dati dovranno essere scritti sempre in uno stesso modo, altrimenti la ricerca del lettore non avrà pieno successo. In poche parole, due libri che parlano di gatti non possono essere elencati uno alla voce "gatti" e l’altro alla voce "felini"; non è possibile trovare "Uno, Nessuno, Centomila" di Pirandello alla voce "Pirandello, Luigi" mentre "Il fu Mattia Pascal" si trova sotto "Il fu Mattia Pascal"; non è possibile che i dati vengano elencati in ogni scheda in un ordine diverso. Se così fosse, il lettore faticherebbe a trovare quello che cerca e qualora la biblioteca dovesse scambiare le proprie schede con un’altra o unire il proprio catalogo ad altri, bisognerebbe revisionare l’intero catalogo.
Una maniera uniforme di presentare i dati attraverso cui rappresentiamo gli oggetti è quindi fondamentale per facilitare la ricerca e lo scambio dei dati. Anche nel nostro censimento gli oggetti reali (i templi) sono rappresentati attraverso una loro descrizione, che dev’essere per quanto detto finora presentata sempre nello stesso modo. Lavori così ampi come il censimento, sia nella sua versione italiana che nell’auspicata versione europea, richiedono collaborazione e, di conseguenza, uno scambio di dati, che può avvenire solo se i partecipanti al progetto lavorano su uno stesso modello.
Un database è un sistema informativo in cui i dati sono organizzati in un certo modo; una specie di contenitore di dati ordinati in modo tale da poter recuperare le informazioni che servono. Per capire meglio, pensiamo al catalogo della biblioteca nominato poco fa: che sia costituito da schede cartacee o che si trovi in formato elettronico, è comunque composto da schede descrittive dei libri che la biblioteca possiede, sistemate in modo tale da favorire la ricerca da parte del lettore. Così è il nostro database del Censimento dei templi riutilizzati: un insieme di schede descrittive dei vari templi riutilizzati, che il programma adoperato rende ricercabili perché le raggruppa e le ordina in un certo modo. Queste schede riportano i dati che vengono ritenuti (dallo standard che ci accingiamo ad elaborare) rappresentativi e che ci fanno identificare in maniera univoca quel particolare tempio. I dati sono divisi in "campi"; ogni campo contiene un certo tipo di dato: ad esempio il campo "regione" conterrà l’indicazione della regione in cui il tempio si trova e il contenuto di questo campo può essere vario; di volta in volta il campo "regione" conterrà il dato "Umbria", "Liguria", "Lazio" e così via. Quello che però qui ci interessa non è tanto capire come funzioni un database qualsiasi, ma capire come funziona il nostro.
Nel nostro caso, il modo in cui costruiamo questo database è influenzato dal software scelto; se si volesse essere rigorosi, uno standard non dovrebbe occuparsi di questo, ma solo dei principi e delle norme di descrizione. Tuttavia il software scelto, di cui si discuterà più avanti e che comunque potrà in futuro anche essere cambiato, si basa a sua volta su uno standard internazionale di scambio dati, lo standard ISO 2709 nato per lo scambio di dati bibliografici. In base a questo standard, lo scambio dei dati avviene in formato testo, che tutti i computer possono leggere e questo facilita naturalmente la collaborazione tra tutti coloro che partecipano o parteciperanno a questo "censimento". Le schede descrittive (records, da qui in avanti, per usare il termine più appropriato) presentate in formato ISO sono costituite da una serie di caratteri: i dati, abbiamo detto, sono divisi in campi e in questo caso ogni campo è identificato da un numero di massimo tre cifre. Potete vedere questi numeri all’inizio delle voci dello schema attuale del censimento, riportato più sopra, ed ecco spiegato il loro significato. Trattandosi di uno schema elaborato appositamente, questi numeri possono essere scelti a piacimento, ma ogni dato-campo dev’essere identificato sempre da uno stesso numero, che prende il nome di tag, "etichetta". Non ci soffermiamo sugli altri componenti del formato ISO; basti aggiungere che l’identità delle etichette permette di integrare due database diversi, ma con gli stessi campi, identificati dagli stessi tag, senza dover digitare record dopo record il database da integrare al nostro.
Nello schema attuale del censimento potete vedere i diversi campi in cui sono divisi i dati dei record dei templi e il "tag" che viene loro attualmente attribuito e che è puramente convenzionale.
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