Il blocco 3-- contiene tutti i dati relativi alle parti del sito o del tempio che sono state riutilizzate da una chiesa cristiana. Lo schema attuale prevede per questo blocco un solo elemento, l’elemento 300, chiamato "parte riutilizzata". A differenza degli altri campi di questo schema, questo è l’unico ad essere diviso in sottocampi. Ogni campo infatti può essere diviso in sottosegmenti, detti appunto sottocampi, contraddistinti da una lettera (preceduta dall’apice o da altri simboli a seconda del tipo di visualizzazione; di seguito useremo l’apice, perché è il carattere utilizzato da winisis) scelta convenzionalmente. In questo caso i sottocampi previsti sono ^p, ^t, ^s e ^r, rispettivamente per la parte riutilizzata, il tipo di riutilizzo e il secolo in cui è avvenuto il riutilizzo (in genere il secolo di costruzione della chiesa). Il sottocampo ^r, previsto dallo schema, doveva indicare il tipo di reimpiego avvenuto per quelle parti adibite a funzioni diverse da quelle originali, ad esempio dell’ara del tempio di Cibele a Sermoneta reimpiegata come seggio vescovile. Nell’edizione corrente del database il sottocampo non è utilizzato e si è preferito riunire questi dati nel sottocampo ^t. Perché in questo caso non si sono fatti campi diversi come nel blocco 2--? Perché di un sito o tempio possono essere riutilizzate più parti, ma in modi e secoli diversi: dell’antico Pantheon a Roma si riutilizzò l’edificio nel VII secolo, trasformandolo nella chiesa a S. Maria ad martyrum, ma le colonne di bronzo furono fuse nel XVII secolo per realizzare le colonne tortili del baldacchino di S. Pietro. Se si fossero fatti campi diversi per la parte riutilizzata e il secolo di reimpiego, l’ordine dei dati sarebbe andato perso o comunque sarebbe stato meno leggibile, avendo prima un elenco di parti e poi un elenco di secoli (se ad esempio non avessimo avuto notizia del secolo di entrambi i reimpieghi, ma solo di uno, non si sarebbe capito a quale dei due andava riferita l’indicazione). Dividendo invece le informazioni all’interno di uno stesso campo, e ripetendo quel campo per ognuna delle parti riutilizzate, le informazioni saranno visualizzate in ordine.
Questo non impedisce che la discussione sullo standard non porti all’aggiunta di nuovi campi nel blocco 3--.
La lingua in cui si esprimeranno le informazioni del blocco 3-- sarà quella scelta come lingua ufficiale del database.
Fin dall’inizio, uno dei problemi del censimento è stato il modo in cui andavano definite le varie componenti di un tempio, in maniera da nominarle sempre nello stesso modo. Dell’importanza del chiamare una cosa sempre con lo stesso nome si è già detto più volte, e si è appena detto che queste informazioni andranno espresse nella lingua del database. Si dovrà quindi creare un vocabolario controllato, cioè un repertorio di termini su cui ci si accorda, in modo da usare sempre gli stessi. I diversi gruppi nazionali si preoccuperanno poi delle tabelle di traduzione, mentre il rinvio dai sinonimi non utilizzati a quelli utilizzati farà parte di un’altra tabella concordata tra i partecipanti all’elaborazione del nuovo standard al momento della formulazione del vocabolario controllato.
Nell’elaborazione del linguaggio controllato si dovrà tener conto dell’allargamento del censimento iniziale ai siti sacri e non esclusivamente ai templi (che sono una struttura monumentale, mentre il sito sacro potrebbe non esserlo); ad esempio è auspicabile sostituire l’utilizzato "fondamenta", con il più appropriato anche se generico "sito", considerando che la parola "fondamenta" ha un preciso significato architettonico, mentre molte chiese sorgono semplicemente sul luogo di un tempio precedente, senza per forza riutilizzare (o senza che lo si sappia) parti del tempio precedente.
Facoltativa, ma utile per evitare l’elaborazione di troppe tabelle, potrebbe essere un’illustrazione che riporti i nomi delle diverse parti di un sito sacro o di un tempio così come impiegati nel database. La comprensione sarebbe immediata.
Abitualmente, indichiamo i secoli con cifre romane, al contrario degli inglesi che esprimono i numeri ordinali con le cifre arabe, seguite dal finale della parola (1st 2nd 3rd 4th ecc…). Nell’ottica della ricerca delle informazioni, l’uso delle cifre romane è un problema perché i programmi attuali non sono in grado di distinguerle come cifre, ma le trattano come una parte di testo, con la conseguenza che, se si cerca il secolo VI, facilmente il programma ci fornirà anche i dati relativi ai secoli VII, VIII, XVI, XVII e XVIII, perché contengono la stessa sequenza di caratteri. Nell’edizione corrente del censimento si è preferito indicare i secoli con la parola corrispondente, ma è chiaro che questo sarebbe scomodo nell’ottica di un allargamento del database a contributi da diversi paesi, perché comporterebbe ulteriori tabelle per permettere a chiunque di cercare il numero desiderato pur non conoscendo a fondo la lingua scelta per il database. E’ forse auspicabile quindi che si usi il numero cardinale, magari con opportuni accorgimenti di punteggiatura per evitare i problemi di ricerca già impliciti nell’uso delle cifre romane.
Attualmente il campo 300 è diviso in quattro sottocampi, uno dei quali però, come spiegato poco prima, non viene utilizzato. Bisognerà che, nel corso della discussione del nuovo standard, si decida come gestire in particolare questo sottocampo, se ripristinarlo o eliminarlo del tutto e se rivedere la divisione del campo. Le lettere che contraddistinguono i sottocampi sono state scelte perché significative per la lingua italiana, ma sarà probabilmente necessario cambiarle se si sceglierà come lingua comune per il database una lingua diversa dall’italiano. Come i tag di tre cifre che individuano i campi, è importante che anche i codici di sottocampo, cioè le lettere che li contraddistinguono, siano sempre le stesse in tutti i database che parteciperanno al progetto, affinché lo scambio di dati avvenga senza problemi.
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