Presentiamo di seguito il testo del capitolo 16.10 del Codice Teodosiano De paganis, sacrificiis et templis, Sui pagani, i sacrifici e i templi, che raccoglie una parte significativa delle leggi contro il paganesimo promulgate tra quarto e quinto secolo. Ho condotto la traduzione sul testo latino di Mommsen: traduzione basata sul testo latino stabilito da Theodor Mommsen: Theodosiani libri XVI cum constitutionibus sirmondianis, edidit adsumpto apparatu P. Kruegeri, Th Mommsen, Zurich, Weidmann, 1971 (quarta edizione); non essendo una specialista del latino giuridico o tardoantico, la presente traduzione ha come scopo principale quello di fornire un appoggio ai pagani che si interessano dell'argomento ma non conoscono il latino, dal momento che non esiste una traduzione accademica integrale del codice in italiano. Ogni legge è introdotta dal numero che ha nel Codice, dalla data e da mittente e destinatario (così come indicati nel testo di Mommsen). Se utilizzate questa traduzione in un vostro lavoro, non dimenticate di citarne la fonte.
Manuela Simeoni
Sui pagani, i sacrifici e i templi
- 16.10.1 (17 dicembre 320): Imperatore Costantino a Massimo: se qualche parte del nostro palazzo o delle altre opere pubbliche apparirà essere stata colpita da un fulmine, si chieda agli aruspici che cosa si annunci secondo il costume preservato delle vecchie osservanze, e l'auspicio raccolto sia diligentissimamente riferito per nostra conoscenza; agli altri si dovrà dare licenza di applicare questa consuetudine, purché si astengano dai sacrifici domestici che sono sommamente proibiti. Invece sai che ci deve essere riferita questa notifica e interpretazione che è stata scritta a proposito del fulmine all'anfiteatro, di cui avevi scritto al tribuno Eracliano e al magister officiorum.
- 16.10.2 (341): Imperatore Costanzo a Madaliano, sostituto prefetto del pretorio: Cessi la superstizione, si abolisca la follia dei sacrifici. Dunque chiunque contro la legge del divino principe nostro genitore e l'ordine ingiunto dalla nostra benevolenza oserà celebrare sacrifici, contro di lui sarà applicata la pena prevista dalla legge e la presente sentenza.
- 16.10.3 (1 novembre 346): Imperatore Costanzo a Catullino, prefetto della città: benché ogni superstizione sia da sradicare completamente, tuttavia desideriamo che gli edifici dei templi che si trovano fuori dalle mura, rimangano intatti e incorrotti. Infatti, poiché da alcuni di essi derivano giochi o spettacoli circensi o gare, non è opportuno sradicare quelle cose da cui un'occasione di divertimento è offerta al popolo romano da un'antica consuetudine.
- 16.10.4 (1 dicembre 354?): Imperatore Costanzo a Tauro, prefetto del pretorio: è opportuno che in tutti i luoghi e nelle città tutte siano immediatamente chiusi i templi e, vietato l'accesso, sia negata a tutti i corrotti la possibilità di contravvenire alle leggi. Vogliamo anche che ciascuno si astenga dai sacrifici. Perciò, se per caso qualcuno avrà fatto qualcosa di simile, sia abbattuto dalla spada vendicatrice. Decretiamo anche che gli averi del condannato siano attribuiti al fisco e in uguale misura siano colpiti i governatori delle province se trascureranno di punire i reati.
- 16.10.5 (23 novembre 353): Imperatore Costanzo a Cereale, prefetto della città: siano aboliti i sacrifici notturni permessi da Magnenzio e dunque si respinga quest'empia licenziosità.
- 16.10.6 (19 febbraio 356): Imperatore Costanzo a Giuliano, Cesare: stabiliamo la pena di morte per coloro che manifestatamente compiano attività sacrificali o onorino le effigi.
- 16.10.7 (21 dicembre 381): Imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio a Floro, prefetto del pretorio: Se qualcuno, da insano e sacrilego, si farà consultante delle cose future, con sacrifici vietati diurni o notturni, e riterrà di impadronirsi di un sacrario o tempio per l'esecuzione di un simile reato o di recarsi presso di esso, saprà di essere passibile di bando, poiché noi, per legittima potestà, abbiamo fatto monito che dio sia onorato con caste preghiere e non insultato con carmini funesti.
- 16.10.8 (30 novembre 382): Imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio a Palladio, comandante a Osroene: Stabiliamo, per autorità del Consiglio pubblico, che siano aperti con continuità i templi un tempo dedicati alle assemblee e già di uso comune, in cui vi siano statue apprezzabili più per il valore artistico che per la divinità, né permettiamo che a ciò si opponga una qualche risposta della corte imperiale ottenuta con pretesti. Essendo motivo di unità della città ed evidente che si tratta di riunioni frequenti, secondo la tua esperienza si permetterà l'apertura del tempio per ogni occasione di assemblea festiva, secondo quanto prescritto dalla nostra sentenza, e non si dovrà credere che l'esecuzione di sacrifici proibiti in tale occasione sia invece permessa.
- 16.10.9 (25 maggio 385): Imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio a Cinegio, prefetto del pretorio: Nessun mortale osi fare sacrifici in modo tale da ottenere, con l'ispezione del fegato e la lettura delle viscere, la speranza in una vana promessa o, che è peggio, la conoscenza del futuro con una così esecrabile consultazione. Perciò il tormento di un asprissimo supplizio incomba su colui che tenterà, contravvenendo ai divieti, di esplorare la verità delle cose presenti e future.
- 16.10.10 (24 febbraio 391): Imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio ad Albino, prefetto del pretorio: nessuno si contamini con le vittime sacrificali, nessuno uccida una vittima innocente, nessuno si avvicini si santuari, visiti i templi e alzi lo sguardo sulle statue scolpite da mano mortale, così da rendersi passibile di punizioni divine e umane. I giudici si comporteranno in modo tale che se qualcuno entrerà in un tempio per compiere atto di adorazione, dedito ad un rito profano, da qualche parte sia lungo le strade sia in città, questi sia condannato al pagamento immediato di quindici libbre d'oro, né il suo eventuale incarico lo assolva dal pagamento di tale somma nei tempi previsti, se non farà opposizione al giudice e si appellerà subito alla testimonianza pubblica. I consoli pagheranno per un pari reato sei volte la somma stabilita, e similmente il loro personale, censori e governatori quattro volte, e così i loro servitori.
- 16.10.11 (16 giugno 391): Imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio ad Evagrio, prefetto augustale, e a Romano, comes d'Egitto: a nessuno sia data licenza di fare sacrifici, nessuno faccia processioni attorno ai templi, nessuno onori i santuari. Tutti riconoscano che l'accesso profano è ad essi precluso, per l'ostacolo postovi dalla nostra legge, al punto che, se qualcuno dovesse intraprendere un'azione riguardo agli dei e alle cose sacre contravvenendo al divieto, non gli si riconosca nessuna indulgenza. Se qualche magistrato sarà entrato, da sacrilego perturbatore, nei luoghi corrotti durante la sua magistratura, spinto dal privilegio della sua carica, dovrà pagare al nostro erario quindici libbre d'oro e del pari il suo personale se non si sarà opposto con tutte le sue forze.
- 16.10.12 (8 novembre 392): Imperatori Teodosio, Arcadio e Onorio a Rufino, prefetto del pretorio: Nessuno, di qualsiasi condizione e ceto, che sia stato nominato per una magistratura o che goda di qualche onore, che sia potente per nascita o nato in condizioni umili, assolutamente in nessun luogo, in nessuna città, offra una vittima innocente ai simulacri senza significato, né con maggior sacrilegio veneri con il fuoco il Lare, con il vino il Genio, con profumi i Penati, né accenda lumi, né ponga incenso davanti a loro, né appenda corone. Poiché se qualcuno oserà sacrificare una vittima o consultare le viscere ancora calde, sia denunciato come reo di alto tradimento e colpito dalla pena prevista, anche se non avrà cercato di divinare alcunché pro o contro la salute del principe. E' infatti sufficiente per la gravità del crimine voler contraddire le leggi stesse della natura, per indagare cose illecite, scoprire quelle nascoste, tentare cose proibite, voler porre fine alla salute altrui, sperare nella morte di un altro. Se qualcuno onorerà, ponendogli davanti dell'incenso, immagini fatte da mani umane e soggette al passare del tempo, o in modo ridicolo temerà all'improvviso ciò che egli stesso ha fabbricato, o, incoronato un albero con nastri, o eretto un altare di zolle, tenterà di onorare le vane immagini con un dono seppure umile, ma in pieno spregio della religione, costui, colpevole di violazione della religione, sarà punito con la confisca della casa o del possedimento nel quale si stabilirà sia stata perpetrata la superstizione dei gentili. Pertanto, tutti i luoghi nei quali si verificherà si sia levato il fumo dell'incenso, se sarà accertato che il luogo è di proprietà di chi ha bruciato l'incenso, dovranno essere attribuiti al fisco imperiale. Se invece il colpevole avrà tentato un qualche genere di sacrificio in un tempio o santuario pubblico o in un tempio o proprietà altrui, se il proprietario del luogo utilizzato sarà riconosciuto ignaro di quanto accaduto, il colpevole pagherà 25 libbre d'oro e una pari pena spetterà a chiunque sia ritenuto complice di tale reato. Vogliamo che quanto detto sia applicato dai giudici, dai difensori e dai curiali di ogni singola città, così che da un lato questi riferiscano al tribunale le violazioni, dall'altro quelli puniscano i fatti denunciati. Se però costoro vorranno coprire qualcosa per benevolenza o lo lasceranno impunito per trascuratezza, saranno soggetti a giudizio; se saranno stati avvisati del reato ma per omissione non applicheranno la pena prevista, saranno multati di 30 libbre, e di altrettante il loro personale.
- 16.10.13 (7 agosto 395): Imperatori Arcadio e Onorio a Rufino, prefetto del pretorio: Abbiamo stabilito che nessuno abbia licenza di accedere ad un qualunque santuario o tempio, né di compiere esecrabili sacrifici, in alcun tempo e luogo. Dunque tutti coloro che tendono a deviare dal dogma della religione cattolica si sforzino di osservare quanto abbiamo di recente decretato e non osino infrangere ciò che in passato è stato stabilito riguardo ad eretici e pagani, sapendo che qualsiasi cosa sia stata stabilita dalle leggi del nostro divino genitore contro di essi o come pena o come multa sarà ora più severamente eseguita. Sappiano invece i governatori delle nostre province e l'apparato che li segue, i primati delle città, i difensori nonché i curiali e i procuratori dei nostri domini nei quali apprendiamo tenersi assemblee eretiche illecite senza timore, che anche se non temono di perdere i propri beni poiché non possono essere attribuiti al fisco, cui già appartengono, comunque se non sarà punita l'azione contro la legge e non sarà punita subito, saranno soggetti a tutte le pene e le sanzioni che sono state stabilite dai decreti precedenti. In particolare stabiliamo e decretiamo con questa legge più severa nei confronti dei magistrati: a costoro che non fanno il proprio dovere con tutto l'impegno e precauzione, sia comminata non solo la multa che è fissata contro di loro, ma anche quanto previsto per i colpevoli accertati, né per ciò gli si conceda l'assoluzione, perché è per la loro negligenza che la pena viene loro giustamente inflitta. Pertanto, giudichiamo degni di pena capitale gli ufficiali che abbiano trascurato quanto stabilito dalle leggi.
- 16.10.14 (7 dicembre 396): Imperatori Arcadio e Onorio a Cesario, prefetto del pretorio: se dal diritto antico ai sacerdoti, ai ministri, ai prefetti, agli ierofanti di cose sacre o in qualsiasi modo si chiamino, è concesso un qualche privilegio, questo sia completamente abolito e non si rallegrino più di tale privilegio coloro il cui incarico sanno essere condannato dalla legge.
- 16.10.15 (29 gennaio 399): Imperatori Arcadio e Onorio a Macrobio, vicario di Spagna, e a Procliano, vicario di cinque province: come abbiamo proibito i sacrifici, così vogliamo conservare gli ornamenti delle opere pubbliche. E che nessuno sia allettato da una qualche autorità, da tentare di toglierli, se verrà addotto a pretesto un qualche rescritto o una qualche legge. Queste carte dovranno essergli strappate di mano e portate a nostra conoscenza; stabiliremo se queste inviate a noi potranno comprovare permessi illeciti a nome suo o altrui. Coloro che avranno presentato questi documenti siano multati di due libbre d'oro.
- 16.10.16 (10 luglio 399): Imperatori Arcadio e Onorio a Eutichiano, prefetto del pretorio: se vi sono templi tra i campi, siano distrutti senza turbamenti e tumulti. Avendoli distrutti e rasi al suolo, si toglierà terreno ad ogni superstizione.
- 16.10.17 (20 agosto 399): Imperatori Arcadio e Onorio ad Apollodoro, proconsole d'Africa: come abbiamo già abolito i riti profani con una legge salutare, così non permettiamo siano aboliti i conviti festivi dei cittadini e una festa comune di tutti. Perciò decretiamo che piaceri e conviti festivi siano condotti secondo le antiche consuetudini, quando lo richiede la volontà pubblica, senza che in essi avvengano sacrifici o si esibisca alcuna condannabile superstizione.
- 16.10.18 (20 agosto 399): Imperatori Arcadio e Onorio ad Apollodoro, proconsole d'Africa: nessuno tenti con il beneplacito della nostra sanzione di distruggere i templi se già privi di cose illecite. Stabiliamo infatti che l'edificio resti integro. Se qualcuno verrà sorpreso a compiere sacrificio, lo si punirà secondo la legge, e, condotta l'indagine sotto la sorveglianza del magistrato, saranno abbattuti gli idoli ai quali anche ora accade si offra il culto di una vana superstizione.
- 16.10.19 (15 novembre 407/8): Imperatori Arcadio, Onorio e Teodosio a Curzio, prefetto del pretorio: le annone siano sottratte ai templi e devolute alle spese militari. I simulacri, se mai ve ne sono ancora in templi e santuari, che ricevettero o ricevono il culto dei pagani, siano tolti dalle loro sedi; siamo consapevoli di aver stabilito ripetute sanzioni per questi atti. Gli edifici stessi dei templi, che siano in città, dentro o fuori le mura, siano adibiti a pubblico utilizzo. Siano distrutti gli altari in ogni luogo e tutti i templi nei nostri possedimenti siano impiegati per usi più opportuni; i proprietari terrieri si diano da fare per distruggere quelli nei loro terreni. Non sia consentito assolutamente di tenere conviti in questi funestissimi luoghi in occasione di un rito sacrilego o celebrarvi chissà che solennità. Inoltre ai vescovi attribuiamo la facoltà di impedire l'accesso a questi luoghi tramite il potere ecclesiastico; i magistrati saranno soggetti ad una multa di venti libbre d'oro e altrettante il loro personale se trascureranno in malafede l'applicazione di queste leggi.
- 16.10.20 (30 agosto 415): Imperatori Onorio e Teodosio: Stabiliamo che i sacerdoti del culto imperiale della superstizione pagana siano soggetti alla pena stabilita se non lasceranno Cartagine entro le calende di novembre per far ritorno alle loro città natali, e lo stesso valga per i sacerdoti in tutta l'Africa se non lasceranno le città metropolitane e torneranno nelle città d'origine. Inoltre ordiniamo che tutti i luoghi che sono stati consacrati all'errore degli antichi, secondo quanto stabilito da Graziano siano attribuiti al fisco imperiale, cosicché dagli usurpatori si esiga il corrispondente reddito a partire dal giorno in cui si è proibito il finanziamento pubblico per dannosissime superstizioni; ciò che di quel reddito sarà stato donato al singolo individuo o dalla generosità dei principi precedenti o dalla nostra maestà, sia invece lasciato eternamente in loro possesso. Questo stabiliamo non solo per l'Africa ma per tutte le regioni poste sotto il nostro dominio. Ciò che con molteplici decreti abbiamo voluto attribuire alla venerabile chiesa, sarà giustamente rivendicato per la religione cristiana, così che tutte le spese che nei tempi lontani venivano fatte per la superstizione, che è condannata per legge, e tutti i luoghi che i frediani, i dendrofori e tutte le altre professioni e collegi gentilizi, quale che sia il loro nome, hanno tenuto e utilizzato per banchetti e spese, condannato tale errore vadano ad accrescere le rendite nostre. Infine, se qualcosa di consacrato con i sacrifici avrà ingannato gli uomini, sia tolto dai bagni e dai luoghi pubblici, affinché non offra occasione di errore. Stabiliamo che siano da rimuovere soprattutto i chiliarchi e i centonari o coloro che dicono di voler usurpare le distribuzioni al popolo, cosicché non scampi alla pena capitale chiunque per presunzione e malevolenza voglia attribuirsi questo nome o gli sarà conferito.
- 16.10.21 (7 dicembre 416): Imperatori Onorio e Teodosio ad Aureliano, prefetto del pretorio: Coloro che sono contaminati dal profano errore o dal reato di un rito pagano, cioè i gentili, non siano ammessi al servizio militare, né ricevano carica di giudice o di amministratore.
- 16.10.22 (9 aprile 423): Imperatori Onorio e Teodosio ad Asclepiodoto, prefetto del pretorio: i pagani che ancora rimangono, benché crediamo che non ve ne siano, [lacuna nel testo] rinuncino a compiere ciò che da tempo è stato vietato.
- 16.10.23 (8 giugno 423): Imperatori Onorio e Teodosio ad Asclepiodoto, prefetto del pretorio: i pagani che ancora rimangono, qualora venissero sorpresi a compiere esecrandi sacrifici ai demoni, benché dovrebbero essere sottoposti alla pena di morte, siano invece colpiti da confisca dei beni ed esilio.
- 16.10.24 (8 giugno 423): Imperatori Onorio e Teodosio ad Asclepiodoto, prefetto del pretorio: quei manichei che chiamano Pepiziti, nonché coloro che sono peggiori di tutti gli eretici in questa sola convinzione, che dissentono da tutti nel venerabile giorno della pasqua, se persevereranno in questa follia, saranno multati della stessa pena, la confisca dei beni e l'esilio. Ma questo soprattutto chiediamo ai cristiani, che lo siano veramente o dicano di esserlo, che non osino, per abuso dell'autorità religiosa, alzare la mano sui giudei o i pagani che restino in pace e non tentino azioni di rivolta o contrarie alle leggi. Infatti se saranno violenti contro coloro che sono tranquilli o ne danneggeranno i beni, dovranno restituire ciò che avranno portato via non una volta, ma tre o quattro in totale. Anche i governatori delle province e gli ufficiali e i provinciali sappiano che, se avranno permesso che ciò accada, saranno anch'essi puniti.
- 16.10.25 (14 novembre 435): Imperatori Teodosio e Valentiniano ad Isidoro, prefetto del pretorio: A tutte le scellerate menti pagane proibiamo le esecrande immolazioni di vittime e i sacrifici condannati e tutte le altre pratiche già proibite per l'autorità di sanzioni precedenti, e tutti i loro santuari, templi e luoghi sacri, se ancora ve ne sono di integri, ordiniamo che siano distrutti al comando dei magistrati e purificati con la collocazione in sede del segno della religione cristiana. Se si stabilirà, di fronte al magistrato competente con prove idonee, che qualcuno ha violato questa legge, questi sia messo a morte.
Traduzione di Manuela Simeoni